Se siete interessati a scoprirne di più riguardo il libro "La Ragazza Gemini", ecco qui il posto che fa per voi! Nell'articolo di oggi, infatti, inserirò un piccolo assaggio della mia opera, più precisamente il primo capitolo della storia. Fatemi sapere con un commento il vostro parere e sono sempre disponibile a rispondere a qualsiasi domanda.
Per tutti gli interessati, potrete trovare un estratto di alcuni capitoli a questo link: https://www.wattpad.com/story/88228358-le-profezie-del-destino-la-ragazza-gemini .
CAPITOLO 1
UN INCONTRO INASPETTATO
Sola. Seduta sugli scalini che portavano
all’ingresso della scuola, Angelica era sola. Mancavano ancora cinque minuti al
suono della campanella che avrebbe decretato l’inizio delle lezioni.
Tutti gli
studenti del liceo classico Jean Jacques Rousseau erano sparpagliati qua e là
per il cortile. Chi chiacchierava animatamente, chi ripassava per una verifica
o un’interrogazione, chi raccontava barzellette, chi amoreggiava con il
fidanzato.
Lei,
invece, era sola come tutte le mattine, sempre seduta nel suo posto preferito,
un angoletto buio e tetro che anche nei giorni di sole sembrava rifiutare la
luce.
La
ragazza controllò il cellulare: due minuti al suono della campanella.
Sospirò e
alzò gli occhi verso il cielo. Erano i primi giorni di aprile, ma la primavera
tardava ad arrivare, sovrastata dalla perenne presenza di grossi nuvoloni grigi
che coprivano il sole. Davvero deprimente.
Pensò
alla noiosissima giornata che l’aspettava: sei lunghe ore di lezione in cui i
professori avrebbero sprecato metà del tempo a rimproverare i ragazzi più indisciplinati
della sua classe. Fantastico!
Percepiva
già il mal di testa in arrivo.
Alla
fine, l’indesiderato suono della campanella arrivò. La ragazza sospirò di nuovo
e chiuse gli occhi per qualche istante mentre aspettava che la calca di ragazzi
entrasse a scuola. Quando aprì gli occhi, più della metà degli studenti erano
già entrati, così si alzò riluttante e si avviò svogliatamente verso
l’ingresso.
Prima di
entrare in classe decise di fare una capatina in bagno.
Si guardò
allo specchio appeso al lavandino e, come sempre, ciò che vide non le fece né
caldo né freddo.
I soliti
capelli biondo scuro circondavano un volto pallido; i soliti occhiali della
montatura nera con le spesse lenti; gli occhi nocciola incredibilmente seri e
tristi, sotto i quali persistevano aloni leggermente violacei a testimoniare le
lunghe ore che passava sui libri, riflettevano il suo sguardo pensieroso.
Angelica
si guardò il pallido collo dove scendeva la collana con il ciondolo a forma di
cuore di cristallo che portava ogni giorno: era un regalo di suo zio e, ormai,
era diventato il suo portafortuna.
Passò a
guardare la maglietta che indossava. Non era mai stata una ragazza alla moda e
nel suo armadio regnavano solo felpe, jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica.
Sospirò
per l’ennesima volta, scosse la testa e si avviò verso la sua classe.
Non degnò
i suoi compagni di uno sguardo e andò a sedersi al suo posto, uno dei banchi in
fondo alla classe sul quale una lampada attaccata al soffitto gettava luce ad
intermittenza, lasciando spesso quell’angolo in penombra. Angelica aveva fatto
presente più volte che quella luce non funzionava bene, ma ai professori non
era importato molto.
Girò la
testa verso sinistra guardando il banco qualche postazione più in là del suo:
Roxana, l’unica amica che aveva, era di nuovo in ritardo. Come al solito
sarebbe arrivata all’inizio della seconda ora di lezione.
La
ragazza sospirò di nuovo, appoggiò la faccia sulle mani e fissò un punto nel
vuoto. Iniziò, così, a contare i minuti che la separavano dalla fine di
un’altra apocalittica giornata di scuola.
Azazel superò i cancelli della nuova scuola
con la sua magnifica moto.
Sfrecciò
attraverso il parcheggio dirigendosi verso l’area riservata ai motorini e
inchiodò parcheggiando. Tolse il casco e guardò il cellulare su cui apparve
l’ora 8:05. Il ragazzo sorrise: in ritardo già il primo giorno di scuola.
Scese
dalla moto e guardò per qualche secondo il mastodontico edificio grigio davanti
a lui, dove sarebbe dovuto rimanere per almeno tutto il resto dell’anno
scolastico. Fantastico! Avrebbe preferito rimanere all’Inferno piuttosto che
sopportare di dover passare del tempo in quel manicomio di ragazzini con gli
ormoni a palla. Tuttavia, aveva una missione da compiere. Non poteva rifiutarsi
di svolgere un compito affidatogli dallo stesso Lucifero. Se tutto fosse andato
secondo i piani, si sarebbe presto ritrovato a comandare un’altra legione di
anime perdute, acquistando più potere.
Scosse la
testa nel disprezzo più totale di quell’incarico, tirò un calcio ad una pietra
e si decise ad entrare nell’atrio della scuola. Si diresse, poi, verso il
centralino, dove una donna di mezza età con dei capelli orribili lo osservò al
di sopra di un paio di occhiali di un orrido color marrone spento.
<<Posso
aiutarti?>>, domandò con voce irritante.
Azazel la
guardò dritto negli occhi: sapeva che la donna stava osservando le fiamme dell’Inferno
al loro interno e presto sarebbe stata completamente in suo potere. Quando lo
sguardo della donna divenne vacuo, gli occhi di Azazel tornarono azzurri.
<<Bene.>>,
disse, <<Ora dimmi, umana: dove si nasconde quell’angioletto di mio
fratello che si fa chiamare Raffaele Astri?>>
La donna
lo guardò come se fosse in trance, poi digitò un paio di volte sul computer.
<<È iscritto nella classe 4B.>>, disse poi.
Azazel
annuì. <<Molto bene. Ora dimmi in che classe sono io: mi chiamo Andrea
Inferi.>>
La donna
digitò di nuovo sull’elaboratore e rispose:<<3M.>>
Il
ragazzo alzò un sopracciglio. <<E dove si trova?>>
<<Va
lungo il corridoio, svolta alla prima porta a sinistra, poi sali le scale e
gira di nuovo a sinistra. Troverai la targhetta della classe sulla
porta.>>
Azazel
annuì compiaciuto e disse beffardo:<<Grazie. Ora torna a fare ciò che
stavi facendo.>>
La donna
si rimise al lavoro come se non fosse successo niente.
Azazel
seguì le indicazioni che lo portarono davanti ad una porta chiusa su cui era
scritto “3M” e bussò.
Una voce
maschile dall’interno disse “Avanti” e lui aprì la porta entrando in classe. Si
soffermò a guardare l’uomo seduto dietro alla cattedra: una barba unticcia
penzolava dalla mandibola squadrata di un uomo che doveva aver passato i
cinquant’anni già da qualche tempo; due occhi severi, di uno sgradevole azzurro
slavato, lo fissavano con disprezzo. Quando
verrai all’Inferno non mi guarderai più così, insulso umano, pensò il
demone.
<<Sei
in ritardo, Inferi. Per questa volta passi, ma solo perché è il tuo primo
giorno in questa scuola.>>, disse il professore. Poi, girò gli occhi
verso gli alunni e presentò il nuovo arrivato:<<Questo è Andrea Inferi,
il vostro nuovo compagno.>>
Un brusio
sommesso percorse la classe: erano già tutti eccitati di conoscere qualcuno di
nuovo. Patetici umani, pensò Azazel.
Il demone
vide che solo un banco era rimasto libero e lì si diresse, mentre le lampade
sul soffitto ronzavano al suo passaggio come se lui stesso fosse
un’interferenza. Sorrise mentre tutti guardavano le luci sbalorditi.
Nessuno
sapeva che il Male in persona era appena entrato nelle loro vite.
Ancora stava
sorridendo, quando una strana sensazione lo colse e iniziò a sentire un
formicolio sulla nuca.
Sbatté
qualche volta le palpebre confuso e decise di guardare dietro di sé: ciò che
vide lo colse del tutto impreparato - e di rado un demone è impreparato.
C’era una
ragazza seduta al banco dietro al suo ma non l’aveva notata prima perché era in
ombra, a causa della lampada spenta sulla sua testa.
Appena
incrociò lo sguardo di lei, la lampada si accese permettendogli di vederla
meglio. Lei lo stava osservando con curiosità, un’espressione così seria e
impegnata sul volto che quasi fece perdere un battito al suo cuore immortale.
Nonostante
lui la stesse fissando, lei non distoglieva lo sguardo, anzi sembrava aver
iniziato ad osservarlo meglio, come se fosse una cellula al microscopio.
All’improvviso
gli venne voglia di sorriderle, ma si trattenne e, invece, sgranò gli occhi.
Non era possibile che ad uno come lui, un demone, un angelo caduto, venisse
voglia di sorridere ad un’umana, un essere inferiore. Che stava succedendo?
Si girò
di scatto fissando gli occhi sul banco. Poi scosse la testa e iniziò a
respirare profondamente per calmarsi mentre la lampada sopra di lui iniziava a
produrre un ronzio quasi assordante.
Il ragazzo si era girato di scatto, ma Angelica
continuava a fissargli la nuca.
Appena
era entrato, la ragazza aveva sentito una ventata di aria gelida sconvolgerle
le viscere e poi aveva ricordato il sogno fatto la notte appena passata.
Aveva
sognato un corvo. L’animale era zampettato qua e là producendo un verso
orribile, poi le si era poggiato su un braccio e l’aveva guardata. Ma, a
dispetto del verso che produceva, i suoi occhi sembravano dolci e gentili; non
erano per niente gli occhi di un corvo, bensì occhi azzurro ghiaccio identici a
quelli del ragazzo seduto davanti a lei. Ma le due cose non potevano essere
collegate, giusto? Lei non era un’indovina che faceva sogni premonitori e quel
ragazzo non assomigliava per niente ad un corvo.
Anzi, era
davvero carino. Non carino nel modo in cui lo può essere uno di quei ragazzi
popolari che venivano adorati da tutte le ragazze della scuola, ma carino come
solo le cose che piacevano a lei lo potevano essere.
Era molto
alto e aveva le spalle larghe, tanto che le coprivano quasi interamente la
visuale. Aveva gli zigomi alti che davano un tocco arrogante e maligno al suo
volto e i capelli, una massa arruffata che si allungava sulla fronte, erano di
un nero che più nero non esisteva. Infine, la pelle era chiara e senza il segno
di imperfezioni e le labbra ben delineate.
Gli
sembrò una creatura meravigliosa.
La
ragazza passò ad esaminare i suoi abiti: indossava un giubbotto da moto cross
con sotto una t-shirt nera al cui centro era disegnato un enorme teschio
grigio; alle gambe aveva un paio di jeans, neri anch’essi, con a lato una
catena d’acciaio borchiata.
Si, era
decisamente la creatura più meravigliosa dell’intero universo. Certo, sempre
che ti piacessero quel genere di persone.
Angelica
era ben consapevole che stava continuando a fissarlo, ma non riusciva a
distogliere lo sguardo. Percepiva altro in lui oltre all’aspetto meraviglioso,
qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
E poi lui
la guardava di sottecchi in continuazione, quindi non poteva fare a meno che
continuare a guardarlo.
Suonò la
campanella e lei si riscosse. Cavolo, era già passata la prima ora? Così
velocemente?
Angelica
scorse vagamente che Roxana era arrivata e la stava salutando con un cenno
della mano. Si sentiva un tantino confusa, come se avesse appena finito di
vedere un film al cinema ed ora toccava allo stordimento da
casse-acustiche-a-palla-più-maxi-schermo.
L’amica
buttò la cartella sul banco e si diresse verso di lei. <<Scusa, lo so:
sono di nuovo in ritardo. Ma i pullman tardavano a passare così ho dovuto
aspettare e...>>
Mentre
Roxana si lanciava in un resoconto dettagliato del suo “merdoso” inizio di
giornata - come lo definiva sempre lei -, Angelica continuava a fissare Andrea,
il quale era appena stato assalito dalle sue compagne di classe che avevano
iniziato a tempestarlo di domande.
Patetiche
oche,
pensò amaramente lei. Poi, una mano dalle unghie smaltate entrò di colpo nel
suo campo visivo e la ragazza fu costretta a sbattere le palpebre.
<<Ehilà?
C’è nessuno in casa? Mi stai ascoltando o no?>>, chiese Roxana,
guardandola senza capire il motivo della sua distrazione. Ma, quando Angelica
riporto lo sguardo sul ragazzo misterioso, l’amica seguì il suo sguardo e
rimase sorpresa.
Angelica
si accorse della faccia stupita di Roxana e a bassa voce le
disse:<<Questo è Andrea, il nuovo compagno di classe.>>
Al suono della voce alle sue spalle Azazel si
fermò di colpo, smettendo di rispondere alle stupide domande delle ragazze che
le stavano davanti.
Si girò di
scatto. Nonostante la ragazza avesse parlato sottovoce, lui l’aveva sentita
forte e chiara. La sua voce era paragonabile ad un richiamo antico e profondo.
Prima di
riuscire a fermarsi, diede fiato alle corde vocali:<<Qual è il tuo
nome?>>
La
ragazza spalancò gli occhi e deglutì con forza, poi diede suono alla sua
splendida voce:<<Mi chiamo Angelica.>>
Angelica.
Un nome proprio adatto all’occasione. Lui era un demone e lei era davvero
angelica, qualcosa di intoccabile.
Azazel
continuava a fissarla senza parlare, così improvvisamente lei avvampò, le
guance in fiamme, e abbassò gli occhi. Sembrava diversa dalle altre ragazze,
aveva qualcosa in più che la rendeva speciale e unica nel suo genere.
Nel suo
sguardo non c’era malizia. Lei era curiosa, soltanto curiosa; tutto in lei
traboccava curiosità. Una curiosità innocente e affascinante.
Si
schiarì la gola e si alzò, dirigendosi a passo di carica verso la porta. Uscì
dalla classe e decise di andare a farsi un giro per allontanarsi da lei. Magari
avrebbe trovato la 4B, velocizzando i tempi della sua missione. Così se ne
sarebbe andato da lì, dimenticandosi di quel posto e, soprattutto,
dimenticandosi di Angelica.
Mentre Andrea usciva dalla classe, gli occhi
di Angelica seguivano il suo percorso tra i banchi fino ad arrivare alla porta.
E, una volta che il ragazzo scomparve oltre la soglia, sbatté le palpebre per
qualche istante sentendosi più stordita che mai.
Per tutto
il tempo in cui lui l’aveva fissata, lei aveva continuato a pensare a qual
maledetto corvo del suo sogno. Be’, a parte il quarto del suo cervello che era
impegnato a pensare a quanto fossero belli i suoi occhi e a quanto dovessero essere
lisce le sue labbra…
Avvampò
improvvisamente. Ma che le prendeva? Lei non era quella che pensava ai ragazzi,
quella era Roxana.
E, come
evocata dai suoi pensieri, l’amica parlò proprio in quel momento. <<Però!,
carino il ragazzo. Ma non è il mio tipo.>>, disse storcendo il naso.
<<Sembra particolarmente interessato a te.>>, continuò guardandola
maliziosamente.
Angelica
le lanciò uno sguardo torvo e Roxana alzò le mani in segno di scuse.
<<Non intendevo insinuare nulla.>>, disse sorridendo.
<<Va
a sederti, Roxy. Sta entrando la professoressa Merli.>>
Roxana
alzò gli occhi al cielo. <<Fantastico! Ci aspetta una spassosissima ora
di francese. Bonne chance!>>
La
ragazza non poté che sorridere all’entusiasmo inesistente dell’amica la quale,
ne era certa, non aveva fatto neanche i compiti.
Mentre
tutti tornavano ai loro posti, si chiese dove fosse andato il nuovo ragazzo.
Doveva ammettere che era davvero un tipo strano e misterioso. Sembrava proprio
che nascondesse qualcosa.
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